Ma che bella notizia il Sud italiano a “Rischio di sottosviluppo permanente”
In tredici anni, dal 2000 al 2013, l’Italia è stato il Paese che e’ cresciuto meno, +20,6% rispetto al +37,3% dell’area Euro a 18, addirittura meno della Grecia, che ha segnato +24% quale effetto della forte crescita negli anni pre crisi, che è riuscita ad attenuare in parte il crollo successivo. Questa la fotografia scattata da Svimez nelle anticipazioni del Rapporto sull’economia del Mezzogiorno 2015, che sottolinea come la situazione e’ decisamente più critica al Sud, che cresce nel periodo in questione la metà della Grecia, +13%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%). Una situazione che Svimez fotografa così: “Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente“.
Il rapporto Svimez ha confermato la sensazione che ognuno di noi ha vivendo la vita di tutti i giorni. Infatti, solo un cieco non si accorgerebbe che la nostra economia è ferma al palo ormai da decenni.
Quando tornai nella mia terra, il Salento, nel 1999, dopo la parentesi universitaria a Modena, avevo ben altre prospettive. Dal Nord sembrava che il Sud, la Puglia, il Salento finalmente avessero imboccato la strada giusta per mettersi al pari con il resto del Paese, ma è stata una mera illusione. Pian piano ho assistito ad un lento ed inesorabile declino, un ritorno ad un passato fatto di sottosviluppo e di emigrazione, che non si riesce ad arrestare.
Non c’era bisogno del rapporto Svimez per rendersi conto che l’economia è ferma. Non riusciamo più a muoverci. Il solo settore del turismo, sebbene in crescita, in Puglia, non è sufficiente a garantire una crescita stabile. Si devono mettere in moto altri fattori come l’agricoltura e il settore manifatturiero. Si deve modernizzare la rete delle infrastrutture (strade, ferrovie, aeroporti). Ma bisogna farlo sul serio, senza sprechi e ruberie, senza tutelare interessi di pochi a discapito di quelli dei molti.
Lo so, forse è pura utopia, immaginare un Sud che si rimbocca le maniche e torna ad essere artefice del suo destino.
Quello che più di tutto mi fa arrabbiare è la consapevolezza che il Sud, la Puglia e il Salento, hanno le potenzialità per crescere e che per qualche strano motivo, invece, siamo qui a leccarci le ferite per una crisi che si fa sempre più stringente.
I soldi ci sono, i finanziamenti europei sono disponibili, non è vero che siamo abbandonati a noi stessi, bisognerebbe solo usarli bene. Molto spesso assistiamo a sprechi, a ruberie, all’utilizzo poco oculato dei soldi pubblici. Spesso si utilizza il finanziamento pubblico per sovvenzionare progetti di scarsa prospettiva, sottraendolo magari a necessità più ampie e più di lunga durata. E’ la cosiddetta politica dei finanziamenti a pioggia, che bagnano un po’ tutti, ma che alla fine evaporano lasciando il territorio a secco. E’ la logica del meglio l’uovo oggi che la gallina domani.
Mi chiedo come si possa invertire la tendenza, come si possa fare per uscire da questo vortice nel quale ci siamo infilati. Ci sarebbe bisogno di politici illuminati e lungimiranti, di imprenditori capaci di guardare al futuro remoto e non solo al presente, di cittadini che respingano con veemenza la logica della sottomissione e dell’assistenzialismo, ma stentano ad emergere, fagocitati da un sistema che premia la mediocrità e l’immobilismo. Forse qualcuno ha già deciso che il Sud deve essere questo, perché così fa comodo.
Dobbiamo davvero arrivare come si suol dire “con le pezze al culo” per capire che bisogna invertire la rotta?