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Con politiche socialdemocratiche si esce dalla crisi.

Con politiche socialdemocratiche si esce dalla crisi. L’ho sempre pensato e la dimostrazione viene dagli Stati Uniti, dove grazie alle politiche tendenti a ridurre la diseguaglianza tra chi ha tanto e chi ha poco o niente, messe in atto da Obama, si è riusciti nel giro di pochi anni ad uscire fuor e da una crisi che sembrava irreversibile. Gli Stati Uniti, dopo anni buii tornano di fatto ad essere la nazione economicamente più forte al mondo.

Non è un miracolo quello che è successo negli USA, ma è frutto di programmazione, lungimiranza e coraggio di mettere in atto politiche di rinnovamento del vecchio sistema, elementi questi che sono del tutto assenti tra i nostri governanti. E così assistiamo negli Stati Uniti ad una forte ripresa dell’economia e in Italia ad una stagnazione che sta paralizzando una nazione, con prospettive ancora tristissime per i prossimi due anni, in cui è prevista, nelle migliori delle ipotesi, una crescita dello 0,4%.

“So’ forti gli americani” diceva un noto attore italiano, riescono a far ripartire alla grande la loro economia e non si accontentano, vogliono diventare ancora più forti; fosse successo in Italia quello che è successo negli USA, avremmo vissuto di gloria per i prossimi 50 anni. Infatti, per Obama, il nuovo capitolo della storia americana dovrà puntare a una maggiore eguaglianza sociale, bloccando l’allargamento della forbice della ricchezza e dando soprattutto nuove opportunità ai ceti medi perché diventino il motore dello sviluppo. Nel Discorso di martedì ha posto una domanda (ovviamente retorica): “Vogliamo forse una economia che permetta soltanto a pochi di arricchirsi in modo spettacolare? O vogliamo impegnarci a realizzare un modello economico che porti ad aumenti generalizzati di reddito e dà opportunità a chiunque faccia uno sforzo?” Di qui gli sconti fiscali proposti dalla Casa Bianca per le famiglie che lavorano, a cominciare da una deduzione di 3mila dollari all’anno per ogni figlio, e altre misure per rendere gratuita l’Università pubblica per alcune categorie di studenti o per il pagamento dei giorni di assenza  per malattia. Queste iniziative, sempre secondo il presidente, dovrebbero essere finanziate con una “stangata”  –  come l’ha subito definita la destra, promettendo di combatterla – da 320 miliardi di dollari in 10 anni sui super-ricchi. La Casa Bianca, nella prossima legge di bilancio che presenterà la settimana prossima, chiederà aumenti dal 23,8 al 28 per cento i capital gain per le famiglie che guadagnano più di mezzo milione di dollari all’anno e l’eliminazione di alcuni “trucchi” usati dai più abbienti per evitare le tasse di successione attraverso i trust fund.

Dunque, mentre negli USA, è bene ricordare, la patria del liberismo e del capitalismo, puntano ad incrementare le politiche di ridistribuzione della ricchezza, andando a colpire i super ricchi per dare a chi ha di meno, in Italia si mettono in atto una serie di leggine, che fanno si che raddoppi il patrimonio delle 10 famiglie più ricche, con un drastico allargamento delle distanze sociali. Negli USA si punta ad incrementare il diritto allo Studio, in Italia lo si limita, scoraggiando al proseguimento della carriera scolastica (non a caso siamo in presenza di un drastico calo delle iscrizioni universitarie). E ancora, negli Stati Uniti ci si batte per estendere il diritto alla salute pubblica, qui si parla di taglio dei servizi sanitari pubblici a vantaggio dei privati.

Insomma, il raffronto tra le due nazioni è sconfortante, oltre che dal punto di vista economico, soprattutto, dal punto di vista della capacità politica di mettere in atto quelle misure che, davvero, siano utili per la ripresa del Paese.

Ideologie e pragmatismo

La crisi delle ideologie è evidente. E’ il momento della ricerca spasmodica del pragmatismo. Ci si vuole sbarazzare delle ideologie attribuendo ad esse la responsabilità della crisi che viviamo. Ogni giorno assistiamo al tentativo di licenziarle e ogni volta che si fa un passo avanti lungo questa strada si gioisce, pensando di poterci liberare della “morta mano del passato”e della “soffocante mano del futuro”. Si pensa che finalmente si possano giudicare le cose per quelle che sono, ancorandole alla realtà del presente: assistiamo all’emergere del pragmatismo, la praticità che elimina la lentezza della teoria.
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Democrazia economica

La crisi picchia sulle famiglie italiane: aumenta la povertà e diminuiscono i redditi. Tra il 2010 e il 2012 il reddito familiare medio in termini nominali è diminuito del 7,3%, la ricchezza media del 6,9%, mentre la povertà è salita dal 14% del 2010 al 16% nel 2012. La soglia di povertà è individuata con un reddito di 7.678 euro netti l’anno (15.300 euro per una famiglia di 3 persone): un italiano su sei vive con meno di 640 euro al mese.
Se aumenta la povertà, l’altra faccia della medaglia mostra una sempre maggior concentrazione della ricchezza: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6% della ricchezza netta totale (45,7% nel 2010). La quota di famiglie con ricchezza negativa è invece aumentata al 4,1% dal 2,8% del 2010. La concentrazione della ricchezza è pari al 64%.
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Socialdemocrazia ed eurocomunismo

Inauguro questa categoria riportando una breve intervista di uno che di socialdemocrazia qualcosa ne capiva: Olof Palme.
Si tratta di considerazioni su socialdemocrazia ed “eurocomunismo” italiano, rilasciate in un intervista del 1977 (in Libro-intervista O.Palme, Med egna ord, Uppsala, Bromberg, 1977, pp. 117-118), ma che oggi fanno riflettere e fanno si che gli sia riconosciuta una straordinaria visione futuristica.

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Libertà è uguaglianza

Ci definiamo ancora un Paese libero? Un Paese è libero quando un individuo è libero di realizzare le proprie aspirazioni, le proprie scelte di vita. In tutta franchezza possiamo dire che ciò sia possibile nel Nostro Paese? Credo proprio di NO!

Non c’è libertà là dove esistono disuguaglianze sociali; non c’è libertà là dove la forbice delle disuguaglianze si fa sempre più larga e non si fa nulla per restringerla. Non si può essere liberi in una società in cui l’individualismo è la regola consolidata e condivisa; non si può essere liberi in una società in cui si è persa la dimensione solidaristica, che fa si che ci sentiamo parte di una medesima collettività.

L’uguaglianza, però, non la si deve intendere come una sorta di livellamento-appiattimento che non lasci spazio allo sviluppo dell’individuo e della collettività, ma la base su cui costruire una società che sappia difendere il diritto alla sopravvivenza, che sappia tutelare la libertà di azione, che sappia rafforzare il diritto a partecipare ai processi decisionali.
Libertà e uguaglianza devono procedere  di pari passo, perché una è il completamento e la garanzia dell’altra.

Una società in cui l’individuo non è libero può essere una società democratica?